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RECENSIONI. Fosse Ardeatine e via Rasella: nuove ricostruzioni e narrazioni nell’80mo anniversario
Fosse Ardeatine e via Rasella: nuove ricostruzioni e narrazioni nell’80mo anniversario
Lutz Klinkhammer e Alessandro Portelli, La fiera delle falsità, Donzelli 2024
Mario Avagliano e Marco Palmieri, Le vite spezzate delle Fosse Ardeatine, Einaudi 2024
Dino Messina, Controversie per un massacro, Solferino 2024
Antonio Iovane, Il carnefice, Mondadori 2024
Nell’ottantesimo dal massacro delle Fosse Ardeatine, vendetta efferata nazifascista dopo l’attentato del 23 marzo contro i Bozen che sfilavano a via Rasella, molte trasmissioni televisive, saggi e romanzi sono intervenuti a rivisitare quegli eventi, sgombrando il campo dalle tante falsificazioni o vulgate e ripristinando il contesto e la sequenza dei fatti in quella primavera romana che prelude alla Liberazione.
Il dialogo tra uno storico tedesco e italiano, Klinkhammer e Portelli, oltre a fornire tante precisazioni sull’occupazione tedesca a Roma, la composizione delle sue forze militari e di polizia e la natura del corpo di polizia di origine altoatesina, nonché sulla dinamica decisionale della “rappresaglia” (non ci fu nessun ordine scritto di Hitler) e le reazioni in seno ai comandi del CLN, si interroga sulle ragioni delle distorsioni interpretative, intervenute fin dal primo commento dell’”Osservatore romano”. I due studiosi si soffermano anche sulle responsabilità fasciste italiane nella selezione dei condannati e più in generale sui crimini di guerra di cui il fascismo italiano si è macchiato.
Portelli definisce la strage come “l’unica vera strage metropolitana in Occidente. La composizione delle vittime riflette la demografia del paese: tutte le regioni, tutti i quartieri, tutti i mestieri, tutte le identità politiche e religiose, tutte le età…c’è dentro l’Italia intera. Le Fosse Ardeatine dovrebbero essere il vero monumento all’unità nazionale”.
Si può dire che Avagliano e Palmieri lo abbiamo preso in parola offrendoci le storie delle 335 vittime dell’eccidio, una sorta di Spoon River italiana, composta grazie all’accurato lavoro condotto negli anni dall’Anfim (Familiari vittime) con l’ausilio del Museo della Liberazione di Roma, il Ministero della Difesa, l’ANPI e la Comunità ebraica, per mettere a punto le schede biografiche e portare a termine i riconoscimenti, anche grazie a tecniche più sofisticate di identificazione. Solo tre dei caduti restano non identificati, mentre ai 335 si è aggiunta una donna, uccisa perché stava raccogliendo cicoria nelle vicinanze ed era un testimone da sopprimere.
Tra le biografie anche quella dell’ingegnere poliziano Elio Bernabei, protagonista attivo della resistenza romana per il Partito d’Azione. Un monumento alla memoria che ha la valenza delle Lettere dei condannati a morte della resistenza e che giustamente viene presentato in tutta Italia con un percorso itinerante degli autori che toccherà anche la nostra zona. Leggendo si constaterà che non sono stati “uccisi solo perché italiani”, come ha dichiarato qualcuno, ma che oltre ai tanti ebrei la grande maggioranza apparteneva alla Resistenza al nazifascismo.
Sintesi divulgativa assai completa ed accurata è quella di Sebastiano Messina, che offre anche una bibliografia essenziale ed una panoramica delle diverse interpretazioni e prese di posizione (Ottant’anni di polemiche) dopo una narrazione dei fatti e dei processi che seguirono, fino a quello a Priebke e alla sentenza del 1999 della Cassazione che ribadisce che l’azione di via Rasella fu “legittimo atto di guerra”.
Per una narrazione avvincente della vicenda Priebke che si legge come un romanzo giallo, e in cui l’autore si implica e si interroga interagendo coi fatti e coi protagonisti, bisogna affidarsi alla narrazione di Antonio Iovane, già maestro di intrecci su fatti storici recenti a proposito del brigatismo e del sequestro Moro.
[Silvia Calamandrei]
CIRCOLO LETTURA VAZINE Giovedì 14 settembre, ore 18.00
Secondo Appuntamento
14 settembre dalle ore 18.00
Palazzo del Capitano, Piazza Grande n. 7
Montepulciano
Recensione: Isaia Iannaccone, L’amico di Galileo, BUR 2008
Isaia Iannaccone, L’amico di Galileo, BUR 2008 (prima edizione Sonzogno 2006)
Un romanzo storico ambientato all’epoca delle missioni gesuitiche presso l’Impero cinese: scienza e fede tra Occidente ed Oriente, il paradosso di un incontro che apre la strada alla divulgazione scientifica osteggiata dall’Inquisizione, mentre l’antica civiltà cinese funzionalizza pragmaticamente gli apporti tecnico scientifici ma rilutta al messaggio evangelico
Ho avuto la fortuna di conoscere l’autore e di ricevere in dono una copia di questo suo magnifico libro sull’incontro tra Occidente e Oriente attraverso la scienza all’epoca delle spedizioni dei gesuiti in Cina.
Isaia Iannaccone ha scritto un romanzo storico pieno di notizie e narrativamente avvincente e guarda caso in Italia non trovò un editore disposto a pubblicarlo. Forse perché il sospetto ereditato dall’epoca dell’Inquisizione nei confronti della scienza è ancora diffuso? Ci sono voluto i francesi a pubblicarglielo e poi ne è seguito il successo anche della versione italiana originale (divenuto un bestseller ha poi incoraggiato Isaia a proseguire nel suo cammino creativo). Quello di Isaia non è il solo caso, del resto (vedi il successo postumo di Goliarda Sapienza con Einaudi che l’aveva rifiutata).
Il bello della sua narrazione di sinologo e scienziato, che si misura con astronomia, botanica e medicina, è che ci mostra come nel Seicento non stessimo messi affatto meglio dei cinesi, quanto ad imperversare dell’oscurantismo: anzi, l’Impero cinese poteva apparire come un miraggio di libertà per intellettuali e scienziati. L’Inquisizione era sempre all’erta, anche nei confronti dei gesuiti ed è bello immaginare che Galileo possa aver affidato ad uno scienziato gesuita le sue Effemeridi per aiutare i cinesi a calcolare con più precisione il loro calendario.
Il romanzo è ormai reperibile solo nell’usato, ma si è trasformato in trilogia, pubblicata da Orientalia, ed Isaia ci sta preparando un’altra sorpresa.
La narrazione si basa su una ricca documentazione storica e mette in scena personaggi autentici accanto ad alcuni di fantasia. Siamo nel primo Seicento, all’epoca della fondazione a Roma dell’Accademia dei Lincei, ed il cammino della scienza si apre faticosamente la strada nonostante i tanti interdetti e la minaccia del Sant’Uffizio. Il protagonista è uno scienziato tedesco, Johann Shreck detto Terrentius, morto a Pechino nel 1630 (a quanto ci racconta Daniello Bartoli nel libro sulla Cina della Storia della Compagnia di Gesù), e ivi sepolto accanto a Matteo Ricci. Schreck non era solo latore delle ultime scoperte di Galileo, che consentivano di risolvere problemi di calcolo del calendario cinese, ma era un appassionato botanico e medico anatomista, e ha probabilmente contribuito ad un erbario, e ad una nuova edizione illustrata del Ben Cao Gang Mu, trattato cinese di terapia vegetale. Spirito aperto si sarebbe fatto gesuita pur di arrivare in Cina, spinto da curiosità e sete di conoscenza.
Ci auguriamo che il libro venga rieditato e trovi più agevole circolazione.
(Silvia Calamandrei)